mercoledì 23 aprile 2008

Interessi comuni

In Italia il tempo è spesso un concetto relativo. Potrei scrivere diversi post su questo tema!
Ma oggi stavo pensando una cosa che mi ha detto un preside di una scuola, si parlava di un piccolo finanziamento da ottenere dalla Provincia. Lui si lamentava del fatto che i tempi sono molto diversi quando si tratta di un interesse pubblico e un interesse personale. Nel primo caso i tempi sono lunghi, a volte lunghissimi, nel secondo caso le cose possono succedere anche molto velocemente.

Stavo pensando che forse in Italia manca un certo senso civico, occuparsi delle cose comuni e interessarsi degli altri. Sembrerebbe essere così delle volte, ma poi ho pensato per esempio i miei suoceri, che fanno servizio volontario in un'associazione per diverse ore alla settimana. Volontariato funziona in tanti campi bene e porta avanti delle cose importanti.

Un'altra cosa contradittoria è l'alta percentuale di voto nelle ultime elezioni, più di 8o%. Pensando quanti paesini isolati e piccoli posti di campagna poco raggiungibili ci sono anche in Italia, pensando tutti i giovani che non sono interessati alla politica o molti anziani, sembra quasi incredibile che alla fine così tanti hanno compiuto il loro "dovere di cittadini" e sono andati a votare.

Hmm, dopo tutto questo non so più che pensare, gli italiani s'interessano o no delle cose comuni e dei bisogni degli altri? L'Italia è unica e spezzattata e come sempre piena di contraddizioni.

martedì 22 aprile 2008

Flessibilità

Oggi sarò breve, ma volevo segnare una citazione di un libro.

"Si usano definire flessibili, in generale, o così si sottintendono, i lavori o meglio le occupazioni che richiedono alla persona di adattare ripetutamente l'organizzazione della propria esistenza - nell'arco della vita, dell'anno, sovente perfino del mese o della settimana - alle esigenze mutevoli della o delle organizzazioni produttive che la occupano o si offrono di occuparla, private o pubbliche che siano." (da Luciano Galliano: Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità. Editori Laterza 2007)

Questa frase mi ha colpito e mi ci trovo abbastanza. Dover organizzarsi sacrificando i propri bisogni senza trovare niente di questa flessibilità in cambio.

Attualmente svolgo per prima volta un incarico in un servizio di un'amministrazione pubblica, tramite un'agenzia che gestisce questo servizio in appalto. Le condizioni sono peggiori che ho mai trovato lavorando per privati o "semi-privati". L'appalto è stato affidato con un prezzo così basso che l'agenzia è costretta ad utilizzare un contratto a progetto. Il servizio richiede comunque una continuità e orari rigidi, ma intanto l'amministrazione pubblica si è riparato da tutte le responsabilità contrattuali affidando il servizio in appalto.
Siamo in tre a svolgere il servizio, quindi dobbiamo organizzarci tra di noi per qualsiasi necessità. Non abbiamo diritto di permessi, malattie e ferie pagate, ma siamo obbligati ad essere in ferie (e quindi non pagate), quando il servizio è chiuso o quando ci sono lavori di ristrutturazione, che non dipendono chiaramente da noi. Se una di noi ha bisogno un giorno libero, un'altro deve sostituirla, se no niente, arrangiatevi! E chi ha voglia di discutere con il difficile responsabile del servizio, che fa come gli pare, tanto è dipendente.

Alla fine è venuto fuori uno sfogo, e dovevo essere breve! Si potrebbe continuare a lungo, infatti ho paura che questa sarà solo la prima puntata di questo argomento.
Non vorrei essere pessimista, ma che si può aspettare quando l'amministrazione pubblica è quello peggio?
Il responsabile una volta mi ha detto che mica nessuno è obbligato ad accettare l'incarico. Certo, siamo liberi come uccellini, infatti sto cercando il momento giusto per prendere il volo con le proprie ali...

giovedì 17 aprile 2008

La lingua

Qualcuno potrebbe chiedere perché scrivo in italiano e non nella mia madrelingua. Non so bene spiegarlo nemmeno io. La mia idea iniziale era di scrivere in finlandese, e spero presto di iniziare un blog anche in finlandese. Ma per ora è nato questo blog, spontaneamente ha già cominciato a svilupparsi nella mia testa prima di iniziarlo concretamente.
L’italiano è ormai per me una seconda lingua, seconda solo perché l’ho imparata dopo, ma quasi primaria nella vita quotidiana. Mi preoccupa quasi che sto perdendo la scioltezza e la ricchezza di usare la mia madrelingua, senza aver acquisito perfettamente nemmeno l’italiano. Per fortuna ultimamente cerco di parlare molto anche in finlandese, perchè devo trasmetterlo a mio figlio.
L’italiano per me è un’altra identità, una parte di me che ormai è essenziale. Non penso che riuscirei a tradurre questo blog direttamente in finlandese, la traduzione è una cosa che non mi è mai riuscita bene. Sono due lingue e modi di espressione diversi, che comunque convivono nella mia personalità, fanno parte di me tutti e due.
Chiaramente faccio tanti piccoli errori in italiano, e non è la mia intenzione di perfezionare la lingua e correggere tutti gli errori. Questo è uno sfogo di pensieri, non un’esercitazione grammaticale, anche se mi piace l’idea di provare a esprimermi in italiano, che ho sempre usato poco per la scrittura.

mercoledì 16 aprile 2008

L'inizio

E' da tanto tempo che penso di iniziare a scrivere un blog, o comunque scrivere qualcosa. Scrivo di solito solo nella mia testa, scrivo pensieri e penso scrivendo. Racconto la mia vita con pensieri, costruisco storie, elaboro progetti e, innanzitutto, sogno a occhi aperti.
Ora è arrivato il momento di dare sfogo in forma scritta ai miei pensieri, e quindi ho deciso di iniziare un blog. Per me stessa innanzitutto, o per un lettore immaginario, senza sapere dove mi porta questa avventura, come si svilupperà, quanto durerà e cosa verrà fuori. Sono curiosa di vedere che cosa succede.

Il mio blog si chiama finlandese atipica, perché sono una finlandese atipica. Per quanto si possa dare definizione di tipicità o atipicità. Comunque sono una finlandese e vivo in Italia, e questo è già un primo elemento di atipicità, anche se conosco tanti altri finlandesi che vivono in Italia.

La definizione atipica mi piace anche come gioco di parole. Sono una atipica in senso italiano, perché sono una lavoratrice che oggigiorno si definisce atipica. In tutta la mia carriera lavorativa in Italia, ho lavorato soltanto con contratti di collaborazione o prestazioni occasionali. In parte mi occupo delle tematiche dei lavoratori atipici anche per lavoro, e quindi questo è un argomento, che mi condiziona in qualche modo la vita.

Essere una giovane donna (nemmeno troppo giovane), lasciamo stare straniera, laureata ma in scienze umanistiche (peraltro in Finlandia), che quindi la professione mela devo inventare da sola, che ha aspirazioni e alcune capacità, ma senza sapere bene quali, che ha sempre lavorato a pezzetti, facendo anche cose diverse tra loro e soppratutto diverse rispetto al percorso di studi, sono alcuni elementi che fanno della mia vita un intreccio difficile ma (a volte) anche interessante, e che mi hanno in parte spinto a scrivere un blog. Vediamo se riesco a capirci qualcosa di più della mia vita scrivendo questo blog!